Tutta colpa di una parmigiana…
Roccafitta.
Cosa c’è di più bello che andare ad accogliere il proprio amore all’aeroporto? Pensate alla scena iniziale del film Love actually: tutte quelle persone che si ritrovano, che si abbracciano. Come l’autore di quel film, anche io, ogni volta che sono depressa, penso all’aerea arrivi degli aeroporti. Lì senti che l’amore è dappertutto, magari non è nobile o particolarmente degno di nota ma c’è! Quando Nicola esce dalla porta, il mio cuore accelera i battiti, tutte le nostre discussioni sono dimenticate, ho solo voglia di stringermi a lui, di lasciarmi andare tra le sue braccia. Gli corro incontro e ci perdiamo in un unico, lungo bacio, dimentichi del mondo intorno a noi. Il viaggio fino a Roccafitta vola. Nicola mi racconta della Cina, di quanto gli sono mancata (l’anatra laccata si è presa un influenza ed è stata allettata tutto il tempo, saranno state le mie maledizioni?). Io gli racconto le piccole novità del paese. Poi però, per colpa di una parmigiana di melanzane, succede il patatrac! Vi spiego subito il perché. Dovete sapere che la parmigiana di melanzane è il piatto preferito di Nicola, proprio per questo l’avevo preparato per il suo ritorno. Immaginate: cena a lume di candela, nel nostro giardino. Io che porto la teglia con le melanzane alla parmigiana, lui che mi ringrazia, le assaggia e dice… “Margy sono buonissime, ma quelle che ho mangiato oggi in volo erano insuperabili, leggere, saporite e… dietetiche.” Forse sarò un po’ permalosa, ma non mi è sembrato per niente carino fare un’osservazione del genere. E poi per un cibo preconfezionato! Avrà mica nostalgia dei suoi amati surgelati? D’accordo, le mie ricette non sono particolarmente dietetiche. Ma da qui a preferire quelle che ti offrono sull’American Airlines ce ne passa! La lite è praticamente inevitabile. Però, se devo essere sincera, Nicola mi spiega che erano tutte ricette di un certo Pietro Parisi, un cuoco stellato, che ha un ristorante giù in Campania.
“Lo puoi vedere anche su Mi manda RAI 3, il venerdì” mi dice. Io sono una persona curiosa così, quando ho scoperto che la trasmissione era finita ma che si potevano guardare le puntate in streaming, l’ho fatto. Le ho viste tutte. Questo Pietro mi è proprio piaciuto. Un uomo semplice, determinato, che viene dalla terra dei fuochi e che si sta impegnando per riqualificare il territorio promuovendo la filiera corta e una cucina semplice, basata sulla dieta mediterranea. Che ve lo dico a fare? Dopo aver letto che aveva aperto un locale nuovo, Le cose buone di Nannina, non sto tanto a pensarci: imposto sul navigatore “Via Ferrovia n 2 San Gennaro Vesuviano” e parto. Dopo poche ore sono sul posto. Già la vetrina del locale mi colpisce: sembra quella di un bistrot francese… in piena Campania! E poi quel nome. Nannina. Chissà di chi era? Entro e subito capisco che quel luogo è adatto a me. Un bancone con esposte pizze, frittelle, supplì, ma anche insalata di polipo, verdure fresche trifolate. Un buon profumo di pulito. E quei tavolini semplici apparecchiati con gusto, le sedie colorate. Alle pareti barattoli di marmellate di gelso, di more, di fichi, e ancora succo di pomodoro, fagioli in bottiglia, confezioni di colatura di alici (queste sono da intenditori!) e… le melanzane che tanto sono piaciute a Nicola. Mi siedo a un tavolino e una graziosa ragazza viene a prendere l’ordinazione. Lascio a lei la scelta. Mentre aspetto, mi guardo intorno e sorrido. Davanti a me c’è un piccolo corridoio che dà sulla cucina, a vista. Solo un uomo generoso non ha paura di rivelare i suoi segreti. Questo Pietro continua a conquistarmi. La ragazza torna, mi offre un’enorme fresella ricoperta di verdure di stagione, fagiolini, pomodori, melanzane, zucchine e qualche fetta di provola. Un piacere per la vista e per il palato. Mangio con gusto. E penso a quello che gli ho sentito dire in tv: “Seleziono personalmente le produzioni dei miei amici contadini. Bisogna ricordare che dietro a un buon piatto ci sono dei personaggi che hanno permesso di costruirlo, sono loro, i contadini, i primi protagonisti delle nostre tavole. Se le materie prime che usiamo non sono buone, come possiamo cucinare dei piatti gustosi?” Abbiamo tanto in comune io e questo chef contadino. Mi complimento con la ragazza e le chiedo se posso conoscere Pietro. Mi risponde con un sorriso schietto: “E’ mio fratello. Venga glielo presento.” E mi accompagna in cucina. Pietro mi accoglie, ha fra i capelli neri una spolverata di farina, le mani in pasta (sta preparando le famose freselle). Ci mettiamo a parlare, gli racconto della mia piccola esperienza e lui mi parla di sé, di quanto abbia desiderato tornare nella propria terra. “Non rinnego niente del mio passato, ma quando hai una figlia, vuoi che cresca qui, che creda nel suo paese. Io sono stato fortunato, ma voglio che i giovani della mia terra capiscano che non bisogna andar via, che bisogna credere nei sogni, perché se ci credi e combatti puoi realizzarli. Io ne sono l’esempio.” Lo guardo ammirata. Ha pochi anni più di me e ha già fatto tanto. Promuove la cucina del riciclo, dirige tre ristoranti in Oman, ha aperto un ristorante a Palma Campania, questo bistrot a San Gennaro Vesuviano e, come se non bastasse, ha sposato il sociale sostenendo la fattoria di Antonia a Bamako in Africa e ora anche l’orto di Antonia nel carcere di Secondigliano, un progetto volto a migliorare le condizioni di vita degli ergastolani. Quanto peso ha avuto nella tua vita l’esperienza internazionale? gli chiedo. Pietro mi guarda serio, poi risponde:
“Ducasse mi ha regalato la tecnica, ma il gusto me lo ha dato il mio territorio. Oggi l’idea vincente è la semplicità.”
Gli faccio un’ultima domanda prima di ripartire con la macchina carica dei suoi prodotti: Ma chi è Nannina?
Improvvisamente il suo volto si apre in un sorriso comunicativo, gli occhi gli brillano.
“Nannina era mia nonna. A lei devo tutto e non smetterò mai di ringraziarla!”
Ci abbracciamo e riparto con la macchina carica di marmellata di gelsi, erba pucchiacchella, patate pilose e colatura di alici, oltre ovviamente alle famose melanzane alla parmigiana di cui Pietro mi ha dato anche la ricetta. Eccola qui per voi!
PARMIGIANA DI MELANZANE DI PIETRO PARISI
Ingredienti per 4 persone
3 melanzane lunghe
500 gr di sugo di passata di pomodoro San Marzano
1 fiordilatte di Agerola
150 gr di parmigiano reggiano
pepe
sale
basilico
olio
Preparazione
Tagliate le melanzane a fette di un centimetri. Adagiatele in una teglia e mettetele in forno a 200° per tre minuti o, in alternativa, fatele cuocere in una vaporiera per 5 minuti. In un tegame mettete a cuocere il pomodoro con l’olio, il basilico e un pizzico di sale per 15 minuti. Aprite un barattolo ermetico e fate gli strati partendo dal pomodoro e a seguire mettete basilico, fiordilatte tagliato a striscioline, formaggio grattugiato, un pizzico di sale e di pepe. Pressate bene gli ingredienti e continuate a riempire tutto il vaso. Quando è pieno, chiudetelo ermeticamente e cominciate il processo di pastorizzazione. Avete due possibilità: in forno a 85° immergendo il barattolo in una placca piena di acqua per tre ore. O sul fuoco, immergendo il barattolo in una casseruola piena d’acqua e lasciandolo sobbollire per tre ore a fiamma bassa. Fatela raffreddare e conservatela in frigorifero per 50 giorni. Prima di servirla in tavola, scaldatela ponendo il barattolo in una pentola con dell’acqua bollente per 20 minuti, avendo cura di coprirla con un coperchio.
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