NICOLA VERDE – Dal giallo al fantasy, dal presente al passato, alla ricerca del male dentro di noi
NICOLA VERDE
DAL GIALLO AL FANTASY, DAL PRESENTE AL PASSATO,
ALLA RICERCA DEL MALE DENTRO DI NOI
Scrittore eclettico, spazia dal romanzo storico al contemporaneo, ama definirsi uno scrivente, ma Nicola Verde è colui ha avuto l’ardire di fare del boia più famoso di Roma, Mastro Titta, un fine investigatore. Lo abbiamo intervistato per voi per carpirgli qualche segreto.
Innanzitutto grazie per il vostro invito.
#Sei stato finalista in molti premi, hai vinto il Premio Qualità Editori Indipendenti con Un’altra verità e, con La sconosciuta del lago, il Premio della sezione romanzi storici al Festival Mediterraneo del giallo e del noir, cosa ha significato questo per te?
Sui premi (intendo sempre quelli di un certo livello) e non soltanto. Premi e racconti, per essere precisi. Nel senso che per chi si avvicina per la prima volta all'arte della scrittura sono entrambi molto importanti, una palestra dove poter affinare le proprie armi, ma non soltanto: aiutano a farsi conoscere, a entrare in punta di piedi in quel “mondo” che si intende frequentare. E io, naturalmente, non sono stato da meno: ho scritto un gran numero di racconti e ho vinto qualche premio. Poi sono arrivati quelli vinti con i romanzi pubblicati, che servono più che altro per fare “morale”. Se i dati di vendita sono il riconoscimento da parte del pubblico, certi premi lo sono da parte degli addetti ai lavori.
Ci racconti perché ti sei appassionato alla figura di Mastro Titta, a cui hai dedicato già due romanzi – Il Vangelo del boia (finalista al premio Alberto Tedeschi e al Premio Acqui Storia) e La lama del boia - e un terzo in preparazione?
Alla figura di Mastro Titta ho dedicato anche un paio di racconti usciti in altrettante antologie. Anzi, è proprio partecipando alla prima di queste (ormai considerata un cult del genere) intitolata “Delitto capitale”, che è nato il mio interesse per questo personaggio, un'occasione, a dire il vero, del tutto fortuita. I racconti contenuti nell'antologia dovevano coprire un periodo storico che andava dalla Roma antica a quella moderna, delitti che si susseguivano nella stessa casa, un'insula romana, nell'arco di duemila anni. Nel dividerci i periodi storici a me toccò l'Ottocento. Alla ricerca di un'idea mi capitò di imbattermi nelle memorie, apocrife, del boia papalino. Innamorarmi di quella figura e scrivere delle storie che lo coinvolgessero è stato un tutt'uno.
Che differenze ci sono nella struttura e nella stesura di un giallo storico rispetto a un contemporaneo?
Credo ci sia una difficoltà in più. Anzi, più di una. Alle regole del giallo (intreccio, spessore dei personaggi, scrittura di qualità, colpo di scena, suspense, ecc.) ne vanno aggiunte delle altre: la conoscenza del periodo storico; l'immersione dei propri personaggi in una realtà che ormai non ci appartiene senza essere didascalici. Possiamo immaginare la Storia come una grande tela con degli strappi che il saggista ripara riprendendo pedissequamente i fili della trama e dell'ordito, il narratore non ha questo obbligo e può rammendare quello sbrego con il filo della propria immaginazione, ma senza alterare il quadro generale, una difficoltà che a volte sembra davvero insormontabile.
Come organizzi il lavoro? Parti dalle fonti o dalla trama che poi rimodelli sulla base del periodo storico che hai scelto?
Sono un tipo piuttosto disordinato e i miei criteri organizzativi lo sono altrettanto. Persino nella scaletta lo sono. Un tempo la scrivevo su dei fogli di carta, così accadeva che li perdevo ed ero costretto a riscriverla, oggi mi capita di perderla nei mille file del computer... Be', forse ho un po' esagerato, ma vero è che questa costrizione a riprenderla in mano più volte e di rivedere la storia mano a mano che procede, fa parte della mia natura disorganizzata. Qui entra in ballo il criterio di riscrittura: Carver (o il suo insegnante di scrittura, adesso non ricordo) diceva che soltanto con la riscrittura l'autore stesso riesce a comprendere ciò che vuole dire. Bene, io la pratico addirittura nella scaletta. Comunque, in genere parto dalla curiosità che mi suscita un personaggio, sul quale, poi, “costruisco” una storia che potrebbe coinvolgerlo in maniera credibile sulla base delle sue specificità e del periodo storico in cui intendo farlo muovere. Molto importante è anche il territorio, con le sue peculiarità. Insomma, fonti, personaggio e trama in qualche modo interagiscono.
Quali sono i consigli che daresti a chi si avvicina al thriller/giallo storico?
Di solito non mi piace dare consigli, perché non sono in grado di darli neppure a me stesso. Anzi, ho il timore di darne preoccupato di sviare in qualche modo le potenzialità di chi me li chiede. Però uno vorrei darlo: conoscere ciò di cui si scrive è fondamentale e non mi riferisco soltanto al periodo storico (visto che di gialli storici stiamo parlando), ma anche ai personaggi, bisogna averli bene in mente prima di affrontarli nella scrittura.
Tre cose che non bisogna mai fare…
Avere fretta; affidarsi agli editori a pagamento (stampatori); fidarsi del parere di amici e parenti (quasi sempre sono dettati dall'affetto che ci portano).
Le regole base per scrivere un giallo storico
Vale quanto già detto al punto 5. Per il resto, William Somerset Maugham scrisse che sono tre le regole fondamentali per scrivere un romanzo, (compreso il giallo storico), peccato che nessuno le conosca.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Sono del parere che bisogna avere sempre per modello i grandi autori, non certo per raggiungerli, (i paragoni sarebbero devastanti), ma per non accontentarsi mai della propria qualità. Io ne ho a seconda del romanzo che mi accingo a scrivere (non ho scritto soltanto romanzi storici): Sciascia, Simenon, Eco, Yourcenar e persino Lovecraft. Ciò che bisognerebbe evitare è prendere a modello gli autori che vanno di moda (comunque da leggere per rendersi conto di dove va il mercato. A questo proposito mi piace ricordare una frase del grande Giuseppe Verdi: “un occhio all'arte e uno al botteghino”). Un'altra cosa da evitare è la scopiazzatura degli autori anglosassoni, lo scimmiottare non ci fa autori ma, appunto, scimmie che imitano azione umane.
Come trovi gli spunti e le idee per le tue storie?
Da ciò che mi accade attorno. Ma, soprattutto, da ciò che leggo. È l'altro consiglio che mi sento di dare: prima di scrivere, leggere moltissimo e, soprattutto, imparare a farlo. Gli autori dovrebbero avere sempre le cosiddette “antennine” alzate per cogliere i suggerimenti, che possono arrivare da qualsiasi parte, per storie da raccontare.
Inizi il romanzo solo se hai una scaletta ben definita o scrivi di getto?
Ahimè, le mie scalette non sono mai più lunghe di 4/5 cartelle, ma capisco che per scrivere un buon giallo bisognerebbe partire da una scaletta ben articolata. Mi contraddico? Insomma, ancora una volta dimostro la mia inaffidabilità, ed è per questo che io, spesso, mi rifugio nel noir che, da questo punto di vista, è senza dubbio più “elastico”.
Parti da un personaggio o da una situazione?
Di solito da una situazione, ma avendo ben chiaro in testa il personaggio che intendo far muovere nella storia.
Quando scrivi hai in mente un preciso target di lettori?
Assolutamente no.
Quanto conta l’ambientazione?
È importantissima. Completando la mia risposta alla domanda n. 4: va trattata alla stregua di un personaggio.
A tuo avviso è importante seminare indizi che permettano al lettore di arrivare da solo alla soluzione?
Per un giallo è importantissimo, è il cosiddetto “gioco” in cui bisognerebbe coinvolgere il lettore. È una specie di gara a chi è più bravo: l'autore seminando indizi e trappole; il lettore facendo ben attenzione a intuire i primi e a evitare le seconde.
Il colpevole deve essere un personaggio che ha una rilevanza nella storia?
Se non proprio rilevante, deve comunque essere presente, deve, cioè, assolutamente interagire con il personaggio principale. È un'altra delle “regole” del giallo. Le carte devono essere tutte sul tavolo, non se ne può estrarre una dalla manica: barare significherebbe ingannare il lettore il quale non perdonerebbe. Naturalmente stiamo parlando del giallo classico. Poi ci sono mille varianti. Ma dovremmo spingerci oltre la domanda.
Tre doti che deve avere uno scrittore di gialli/noir
Fermo restando quanto detto nei punti 5 e 7: convinzione dei propri mezzi (ma anche l'umiltà di riconoscere i propri limiti); capacità introspettive (vale più per il noir); una mente da giocatore di scacchi (vale più che altro per i gialli). Una quarta, se mi è concessa (che vale per qualsiasi autore, di genere o di mainstream): essere sotto l'ala protettiva della dea Fortuna!
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