INCURSIONI GIALLE – GIULIA BEYMAN

GIULIA BEYMAN

Autrice Top Seller Amazon,  giornalista, sceneggiatrice

scrive gialli per passione

e

sono subito un successo

Autrice seriale per eccellenza, con il personaggio di Nora Cooper, investigatrice e medium sui generis, ha conquistato i lettori che amano il giallo con un tocco di mystery. È una signora in giallo molto schiva, ma, essendo sue compagne di crimine, siamo riuscire a farla parlare.

Giornalista free-lance del Corriere della Sera, sceneggiatrice di serie televisive di successo nel 2011 fai una scelta di campo e ti dedichi anima e corpo alla scrittura di romanzi gialli, ci racconti il perché di questa scelta?

Penso che in fondo le esperienze come giornalista e sceneggiatrice siano state una preparazione per affrontare meglio la narrativa, che è la strada che sento più mia. La verità è che quando ero una ragazza scrivere libri mi sembrava una faccenda troppo “alta” e irraggiungibile. Mi sono avvicinata alla scrittura di romanzi diversi anni dopo, quando ho sentito di avere un po’ di bagaglio in più.

Anche per la televisione hai scritto dei gialli, ti andrebbe di spiegarci quale è la differenza nella scrittura?

Di sicuro la narrativa consente una maggiore libertà espressiva. Di contro, scrivere sceneggiature ti costringe alla sintesi, a tenere un ritmo serrato e a impostare il racconto per immagini. In questo senso si tratta di un’esperienza molto formativa per chi vuole scrivere romanzi gialli. Ancora adesso, quando progetto un libro, mi scopro a pensare per scene, più che per capitoli.

Nel 2014 sulla piattaforma Amazon hai venduto più di Follet, si può dire che sei stata  una vera pioniera nel mondo del self publishing, ci racconti l’inizio di questa avventura?

Nel 2010 ho partecipato al Women Fiction Festival di Matera e in modo piuttosto inaspettato mi sono trovata in mezzo a queste scrittrici americane che, tramite la piattaforma di Amazon, avevano già cominciato a sfruttare le infinite opportunità che le nuove tecnologie offrivano. In quel momento – lo confesso – non sapevo nemmeno bene cosa fosse un e-book. Ma sono rimasta incantata dalla professionalità e dalla determinazione di queste autrici, che con molta serietà decidevano di gestire in prima persona la loro carriera.

In quel periodo sentivo l’impellente bisogno di un cambiamento. Lavoravo nel mondo della scrittura ormai da vent’anni, non avevo più tanta voglia di aspettare i tempi di qualcun altro, avevo un progetto – quello di Nora – a cui tenevo. Così mi sono buttata nel self-publishing con tanta passione, e un pizzico di incoscienza. Ho studiato quello che facevano le colleghe americane, ho cercato di imparare tante cose che non sapevo, ho investito nel mio tempo per qualcosa a cui tenevo molto. Oggi posso dire di essere contenta di averlo fatto.

Sei da poco uscita con l’ottavo  libro di Nora Cooper, questa investigatrice anomala che ha conquistato il pubblico. A cosa è legato il suo successo secondo te?

Anche se ha il dono molto particolare di essere in contatto con l’aldilà, e si ritrova continuamente in mezzo a omicidi e pericoli di ogni genere, i lettori sembrano apprezzare soprattutto la “normalità” di Nora. È una donna che ha superato i cinquanta, è madre e nonna, lavora in un’agenzia immobiliare, ha una grande sensibilità e un forte istinto a “salvare il mondo”. I lettori mi scrivono spesso di pensare ormai a lei come un’amica. A questo punto, credo che sia questo il suo punto di forza.

Come è nato questo personaggio ? C’è qualcosa di te in lei?

All’inizio faceva parte del progetto per una serie televisiva. Una donna non giovanissima che perde il marito e scopre di poter comunicare con l’aldilà. Un piccolo “escamotage” narrativo che le permetteva di investigare.

Ho capito quasi subito che per me Nora non era un personaggio come tutti gli altri, quindi non avevo molta voglia di “mollarla”. Ho continuato a lavorare sulla sua caratterizzazione e ho deciso di trasformare l’idea televisiva (che era un po’ diversa) in un romanzo. Poi, dopo l’uscita del primo libro, ho pensato di farne una serie. Insomma, dopo dieci anni io e Nora siamo ancora insieme.

C’è qualcosa di me in lei? Sicuramente più di quanto all’inizio pensassi.

Nora mi precede. In qualche modo – ho scoperto – anticipa delle parti di me che stanno per venire alla luce. Ma in fondo la scrittura è un po’ magica e attinge da cose che già esistono, che dobbiamo solo raccogliere e raccontare.

Perché hai deciso di ambientarlo in America?

È stata una decisione istintiva. Non so dire se sia stata una scelta giusta o sbagliata, ma la mia immaginazione mi portava là e l’ho assecondata.

Arrivata all’ottava avventura hai sentito il bisogno di  modificare qualcosa nel tuo personaggio?

Diciamo che in qualche modo Nora continua a modificarsi con me, quindi di libro in libro ha sempre dei piccoli cambiamenti. Nel caso specifico delle indagini, è cambiato – o meglio, si è approfondito – il modo in cui Nora si relaziona con l’aldilà. All’inizio il contatto avveniva solo attraverso le lettere del gioco dello Scarabeo. Con il tempo si è modificato, anche perché non volevo affidarmi sempre alle stesse formule, con il rischio di farle diventare ripetitive.

Quali sono le difficoltà nel portare avanti una serie così lunga?

Il principale è quello a cui accennavo sopra: il rischio di ritrovarsi a ripetere uno schema in modo meccanico. L’altro è che devi “gestire” in un personaggio che ormai i lettori conoscono bene. Non puoi tradirlo, ma nemmeno accontentarti di quello che già hai. È un equilibrio non sempre facile.

Quali consigli daresti a chi vuole scrivere gialli o noir ?

Di leggere molti gialli e noir. E di scrivere solo ciò che amano anche leggere.

Sembra lapalissiano, ma non sempre lo è.

Come trovi gli spunti e le idee per le tue storie?

Penso che gli scrittori siano degli alchimisti che trasformano in storie qualsiasi cosa ascoltino o vedano. Per me spesso si tratta di situazioni che mi ispirano domande su particolari scompensi emotivi che potrebbero coinvolgere i personaggi che andrò a creare. Come si sentirebbe una persona in una situazione così? Cosa farebbe? Che posta in gioco dovrebbe affrontare?

Insomma, interrogativo dopo interrogativo, da un piccolo spunto prende forma la storia.

Quanto è importante documentarsi?

Molto. Un romanzo non è la realtà, ma deve essere credibile e fare affidamento su presupposti reali o comunque realistici. Deve portare il lettore in un mondo e permettergli di crederci.

Nel mio caso, visto che le mie storie sono ambientate all’estero, la necessità di documentarsi è ancora più consistente e occupa un discreto spazio nella fase preparatoria del libro.

Inizi il romanzo solo se hai una scaletta ben definita  o scrivi di getto?  

Il mio rapporto con la scaletta è di odio e amore. Ne conosco l’importanza perché è un momento imprescindibile quando si scrivono sceneggiature, e anche perché so quanto possa essere complesso e delicato, in un giallo, costruire una struttura che tenga. Detto questo, comincio il lavoro sempre da una scaletta, anche se all’inizio non è dettagliatissima. Ma andando avanti inevitabilmente, e non a cuor leggero, mi ritrovo a smontarne e rimontarne alcune parti.

Il mio sogno sarebbe una scaletta inattaccabile, sulla quale fare affidamento per tutta la stesura del romanzo. Purtroppo i miei personaggi finiscono sempre per portarmi in direzioni inaspettate.

Parti da un personaggio o da una situazione?

Quasi sempre da un personaggio. Per me una storia è soprattutto la storia di un personaggio. E i riflessi emotivi delle situazioni sono quelli che mi interessano di più nel racconto.

Quando scrivi hai in mente un preciso target di lettori?

No. Mai.

Quanto conta l’ambientazione?

Con una storia si crea un mondo immaginario che permette a chi scrive e a chi legge di vivere un pezzo di vita che non è la propria… Quindi anche l’ambientazione ha la sua importanza, e l’autore ha la possibilità di sbizzarrirsi. Come dico sempre: se si sogna, tanto vale farlo in grande.

A tuo avviso è importante seminare indizi che permettano al lettore di arrivare da solo alla soluzione?

È la parte più importante e difficile del giallo. Il lettore non deve essere imbrogliato. Sarebbe troppo facile offrire la soluzione con un deus ex machina che risolve tutto. Gli indizi devono assolutamente esserci, ma non devono saltare troppo all’occhio. Un equilibrio non facile, ma necessario.

Il colpevole deve essere un personaggio che ha una rilevanza nella storia?

Certamente deve avere un suo ruolo. “Quanto” è presente dipende da storia a storia… Ovviamente, più è sotto i riflettori e maggiore è la sfida per l’autore, che fino alla fine deve riuscire a occultarne la colpevolezza.

Tre doti che deve avere uno scrittore di gialli/noir

Essere un buon lettore di gialli. Porsi tante domande. Essere un buon tessitore.

Un giallo richiede di intrecciare i fili della narrazione con grande pazienza, mettendo in gioco memoria, logica e fantasia.